MUSEO ACERBO DELLE CERAMICHE DI CASTELLI

Il Museo Acerbo è composto da 6 sale espositive, all’interno delle quali si trova la collezione del barone Giacomo Acerbo. La collezione di maioliche è composta da 570 pezzi quasi esclusivamente di produzione castellana databili fra la metà del XVI secolo e il XIX secolo. L’allestimento fu curato dall’architetto Leonardo Palladini e il Museo fu inaugurato nel 1957 nell’edificio che lo ospita ancora oggi.

La prima sala del Museo ospita alcuni dei pezzi di maggiore prestigio della collezione: alcuni grandi piatti realizzati in istoriato da Francesco Grue alla metà XVII secolo. Affianco a questi è esposto il pezzo più antico della collezione, un mattone maiolicato con la raffigurazione di un profilo femminile, datato alla metà del XVI secolo, proveniente dal primo soffitto della chiesa di San Donato di Castelli. Sulla parete sinistra della prima sala è una bella raccolta di maioliche a soggetto sacro con raffigurazioni di Santi, fra le quali una opera autografa di Berardino Gentile riportante la data del 10 febbraio 1672, inframmezzata da una vetrina contenente delle acquasantiere databili tra XVII e XVIII secolo. Tra le acquasantiere è possibile riconoscere oltre alle canoniche rappresentazioni di Madonna con Bambino, alcune immagini raffiguranti Santa Caterina D’Alessandria e Santi Monaci. Nella stessa vetrina è presente una elaborata saliera da banchetto del XVII secolo. Nelle vetrine ai lati della porta d’ingresso sono albarelli, bottiglie e orcioli da farmacia decorati in stile compendiario. Questi contenitori erano spesso utilizzati nelle spezierie dei conventi e tale appartenenza è anche indicata dalla presenza di figure soprattutto di Santi all’interno della cornice floreale. Sempre nella prima sala è una serie di mattonelle, tondi e piatti illustrano il decoro utilizzato nel ‘700 dagli artisti castellani, identificato con il nome di “ornato a paese”. E’ in questo secolo che si definiscono meglio i 5 colori tipici della maiolica castellana: blu, giallo, arancio, verde e marrone, mirabilmente utilizzati nei vasi con coperchio, delle vetrine centrali, che rappresentano la massima espressione dell’ornato a paese comprendendo una serie di paesaggi arricchiti da scene mitologiche e bibliche.

La seconda sala si apre all’esterno attraverso un grande balcone, di fronte al quale, uno specchio ne riflette il paesaggio. Sopra lo specchio il Barone fece collocare un grande piatto in maiolica con la riproduzione del suo stemma di famiglia, al cui interno oltre alle tre colline sulle quali svettano tre cipressi ed il fiume Tavo è l’iscrizione “in Hostes Acerbus”. A destra dello specchio è una mattonella con l’adorazione dei pastori, finemente decorata dalla bottega Grue, databile al XVIII secolo, così come la mattonella lumeggiata in ora con Susanna ei Vecchioni opera di Liborio Grue.

La sala successiva presenta una serie di raffinatissime opere realizzate da Carmine Gentile e dalla sua bottega. Carmine Gentile, figlio di Berardino, agli inizi del 1700 apre una propria bottega e dà vita a rappresentazioni di vario genere fra le quali il museo Acerbo può vantare le due grandi mattonelle istoriate con scene mitologiche: Diana al bagno e Bacco e Arianna. Sotto la finestra una serie di 5 mattonelle con la parabola del figliol prodigo attribuite a Francesco Saverio Grue databili nel XVIII e caratterizzate dall’uso di abiti settecenteschi per vestire i personaggi della parabola. Nelle vetrine albarelli, bottiglie, chicchere e piattini, anforette e vassoi databili al XVIII secolo. Dello stesso periodo una bella mattonella raffigurante la Madonna col Bambino realizzata dalla bottega Grue.

La quarta sala conserva il pezzo di maggior pregio del Museo: la vaschetta frigidaria decorata con episodi della vita di re David, realizzata dalla bottega Grue. La vaschetta mostra la partecipazione di più artisti per la fattura dei riquadri istoriati ricchi di particolari e sfumature, ma soprattutto impreziosita dalla lumeggiatura in oro che ricopre gran parte della superficie; eleganti motivi vegetali dividono le scene. Su due delle pareti della sala sono le mattonelle con gli episodi del Vecchio Testamento, realizzate dalla bottega Gentili, vengono datate nella seconda metà del XVIII. Nella quarta sala sono anche le opere di Francesco Antonio Grue: albarelli di grandi dimensioni raffiguranti San Brunone; una fiasca da pellegrino decorata con San Eustachio e alcuni albarelli con paesaggio. Sulla parete sinistra, la mattonella con la delicata raffigurazione della Madonna col Bambino e San Giovanni e sulla parte destra l’ovale con il Pescatore Cinese.

Nella quinta sala di fronte sono esposte le opere di Gesulda Fuina, ceramista innovatore che fra XVIII e XIX secolo introduce sulla maiolica castellana il colore rosso. Con la tecnica del terzo fuoco Fuina realizza opere dal nuovo decoro comprendente poche figure e piccoli fiori che spiccano sulla grande superficie bianca dell’oggetto. A lui e alla sua bottega si devono anche una serie di zuppiere dalle forme elaborate che anche nelle prese si distinguono per la plasticità dei pomelli realizzati a forma di melograno, carciofo, mela e pera realizzati a tutto tondo.

L’ultima sala raccoglie grandi cornici con più mattonelle dello stesso soggetto: scene di caccia, soggetti marini, soggetti biblici; fra mattonelle con le scene di caccia la mattonella di dimensioni più piccole è realizzata da Carlo Antonio Grue e raffigura un momento di caccia al cervo. Nelle vetrine piatti, zuppiere e porta bottiglie attribuite della bottega del Fuina e poi portachicchera, quattro esemplari diversamente decorati con paesaggi e figure. Agli angoli della sala due eleganti colonne in maiolica completano l’esposizione, decorate con scene campestri, sono databili tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo.

All’esterno della collezione un grande piatto raffigurante la chiamata di Cincinnato di scuola umbra il cui autore, Alfredo Santarelli morto nel 1957, realizza l’opera con la tecnica del lustro.